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LA GARA

di Irene Nugnes

 

Gli ultimi giorni che precedono una competizione sono molto importanti. Da una parte, vi è la necessità di completare la preparazione dell’evento, dall’altra quella di non “caricare” troppo i bambini. I sentimenti che ciascun bambino prova nelle ore che precedono la gara sono differenti, personali, ma tutti accomunati dal loro graduale crescere di intensità, mano a mano che si avvicina l’ora “X”. Inoltre nei bambini a partire da circa 5 anni e indipendentemente dal loro livello raggiunto, nasce spontaneamente la voglia di emergere, di farsi vedere da mamma, da papà, dall’allenatore, da qui l’ansia della prestazione sportiva aggravata talvolta dall’aspettative.

La gara si è conclusa, è andata… e non si può ripetere, ce ne saranno tante altre ma questa si è, dopo tanta trepidazione, conclusa. Il bambino/a è contento? Deluso/a? Ha raggiunto il suo obiettivo? Sicuramente SIII!!! Perché il solo fatto di essere riusciti a scendere in campo, sotto l’osservazione di giudici, allenatori, parenti e amici è già un importantissima vittoria! Una cosa che andrebbe dunque sempre fatta è un applauso oppure un abbraccio. Un segno semplice e chiaro.

Prima dei commenti inevitabili e delle considerazioni su ciò che è appena accaduto, bisognerebbe fare un applauso in segno di rispetto, in primis, per chi si è impegnato tanto e ha dedicato ore e ore del suo tempo a provare e riprovare (rimandando anche, qualche volta l’uscita con gli amichetti) accompagnato e sostenuto dal suo allenatore; un applauso non solo al 1°, al 2° o al 3° bambino classificato ma a tutti i concorrenti, dal primo all’ultimo, perché tutti i bambini quel giorno hanno cercato di dare il meglio di se stessi, facendo il massimo; un applauso a chi non ha fatto o potuto finire la gara perché infortunato e infine anche a tutti quelli che, (organizzatori, giudici, accompagnatori, sostenitori) hanno permesso la competizione.

Senza fare sinceramente, questo applauso non si rende giustizia ai nostri piccoli atleti. Una volta terminata la gara il bambino inizia a rilassarsi. Ora la risposta è chiara: o si è vinto o si è perso, o l’obiettivo è stato raggiunto, oppure no. Cosa fare? Non esistono manuali, teorie o altro che spiegano come ci si dovrebbe comportare nel dopo-gara. Generalmente il bambino più grandicello, l’atleta, nel proprio segreto, è sempre il più critico con sé stesso.

Ed in macchina, durante il viaggio di ritorno, comincia a rivedere a mente la gara appena terminata e sente il bisogno di darsi un giudizio, come per chiudere un capitolo. Ciò che, forse, può aiutare a vivere bene questi momenti è di evitare di essere troppo critici con sé stessi. Quando si è meno critici con sé stessi, ci si rende conto di esserlo di meno anche con gli altri.

Mille domande possono sorgere, soprattutto se l’esito non è stato positivo, ma l’unica alla quale bisognerebbe dare una risposta è: ho dato, oggi, il meglio di me stesso? (filosofia da seguire probabilmente anche nel nostro banale quotidiano) A forza di domandarsi questo, l’esperienza insegna, che il massimo lo si dà davvero. E se, realmente, un atleta arriva a dire a sé stesso che, in quella determinata occasione, ha dato il meglio di sé, allora giunge la serenità.

E noi genitori come ci comportiamo durante una competizione? Beppe Severgnini in un suo articolo pubblicato sul “Corriere della Sera”, dopo l’ennesimo episodio di follia genitoriale a bordo campo (in questo caso si parlava di calcio) con ironia suggeriva di applicare un divieto di accedere alle manifestazioni sportive, oppure una sorta di autocertificazione che diceva più o meno cosi: io genitore del bambino… consapevole delle mie responsabilità educative, prometto di assistere alla gara mantenendo la calma e rispettoso… senza insultare i giudici… non augurerò infortuni ai piccoli avversari e ispezioni fiscali ai loro genitori….. In fede. Ma non è certamente il caso nostro!!!